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Biomasse: dalla definizione alla produzione di energia rinnovabile

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Hai sentito parlare di biomasse ed energia rinnovabile da bio masse e vuoi saperne di più sull'argomento? Leggendo questa guida potrai saperne di più su questo tema; in particolare scoprirai che cosa sono le biomasse e quali di queste sono classificate come biomasse combustibili; capirai l'energia prodotta con biomasse è considerata a tutti gli effetti come prodotta da fonti rinnovabili; ... e tanti altri aspetti su questo tema sempre più attuale, e in grado di impattare in modo significativo sui nostri consumi e sulla nostra impronta ambientale.

Cosa sono le biomasse?

Prima di comprendere per quale motivo i pellet siano considerabili biomasse, giova compiere un passo introduttivo e evidenziare in che modo il legislatore comunitario e nazionale si è posto nei confronti di questo tema. Sulla base della Direttiva 2001/77/CE e del D.Lgs. 387/2003, successivamente modificati dalla Direttiva 2009/28/CE e dal D.Lgs. 28/2011, la biomassa è infatti definibile come “la frazione biodegradabile dei prodotti, rifiuti e residui di origine biologica provenienti dall'agricoltura (comprendente sostanze vegetali e animali), dalla silvicoltura e dalle industrie connesse, comprese la pesca e l'acquacoltura, gli sfalci e le potature provenienti dal verde pubblico e privato, nonché la parte biodegradabile dei rifiuti industriali e urbani”. Si tratta evidentemente di una definizione molto ampia, che si presta a diverse “valutazioni” a seconda delcontesto di riferimento, e alla quale peraltro si arriva dopo una serie di interventi normativi del decennio precedente, che più volte – come vedremo – hanno cercato di porre in relazione le biomasse all’uso per la produzione di energia.

Perché le biomasse sono considerate fonti rinnovabili?

Ma per quale motivo le biomasse come il pellet sono considerate fonti rinnovabili? L’argomento è in verità piuttosto complesso, ma cercheremo comunque di sintetizzarlo e di renderlo facilmente digeribile anche ai non addetti ai lavori. Per poter definire una fonte come “rinnovabile”, è necessario che il periodo di ripristino sia identicoaquello di rigenerazione, e che lo sfruttamento energetico sia sostenibile, con impatto trascurabile o nullo sull’ambiente. In particolare, per quanto attiene il primo elemento, il periodo di ripristino delle biomasse risulta essere piuttosto breve: in altre parole, il tempo di sfruttamento della sostanza è confrontabile con quello della sua rigenerazione, consentendo così di adempiere a uno dei principali requisiti utili per la riconduzione di una sostanza chimica organica nel recinto delle biomasse. Proprio per questo motivo, peraltro, altre materie chimiche organiche come i fossili, non possono essere considerate biomasse.

Come funzionano le biomasse combustibili

Introdotto il tema di cui sopra, possiamo cercare di comprendere perché le biomasse come il pellet siano utilizzate come fonte di riscaldamento. Le biomasse combustibili sono infatti protagoniste di uno dei processi più utilizzati, quello della conversione termochicmica, basato sull’azione del calore che consente di attivare quelle reazioni chimiche necessarie per poter trasformare la materia in energia. A tal fine, si utilizzano correntemente delle biomasse che risultano essere particolarmente adatte a questo scopo, come la legna e tutti i suoi derivati, i sottoprodotti colturali di tipo ligno-cellulosico, e gli scarti di lavorazione. Il pellet è in particolar modo adatto a realizzare il più semplice dei processi di natura termochimica, quale quello della combustione diretta. Posto all’interno di una specifica apparecchiatura, come la caldaia, la stufa a pellet può dunque garantire buoni rendimenti, e una convenienza economica che risulta altresì essere amplificata dalla disponibilità di appositi incentivi per l’efficienza energetica.

Elenco delle principali biomasse

Realizzare un elenco delle principali biomasse non è un compito semplice, considerata la loro ricca varietà. Schematicamente, una prima classificazione è realizzabile sulla base della quantità di acqua contenuta, in:

  • Biomassa fresca;
  • Biomassa secca.

o ancora sulla base dell’origine:

  • Biomassa animale (zoomassa);
  • Biomassa vegetale (fitomassa);
  • Biomassa da microrganismi (biomassa microbica).

o ulteriormente sulla base della vitalità:

  • Biomassa vivente, che presenta al suo interno degli organismi viventi:
  • Biomassa morta, costituita interamente da organismi morti.

Limitando la nostra osservazione alle sole biomasse combustibili, possiamo qui riprendere la classificazione che fu introdotta con il d.l. 152/2006, in buona parte ancora valida, laddove vengono definiti biomasse combustibili:

  • Materiali vegetali prodotti da coltivazioni dedicate;
  • Materiale vegetale prodotto da trattamento esclusivamente meccanico di coltivazioni agricole non
  • dedicate;
  • Materiale vegetale prodotto da interventi selvicolturali, da manutenzione forestale e da potatura;
  • Materiale vegetale prodotto dalla lavorazione esclusivamente meccanica di legno vergine e costituitoda cortecce, segatura, trucioli, chips, refili e tondelli di legno vergine, granulati e cascami dilegno vergine, granulati e cascami di sughero vergine, tondelli, non contaminati da inquinanti;
  • Materiale vegetale prodotto dalla lavorazione esclusivamente meccanica di prodotti agricoli.
  • Sansa di oliva disoleata;
  • Liquor nero ottenuto nelle cartiere dalle operazioni di lisciviazione del legno e sottoposto ad evaporazioneal fine di incrementarne il residuo solido.

Ne deriva dunque una definizione piuttosto eterogenea, che ricomprende biomasse legnose, erbacee, semi,fruttie non solo. Per passare tuttavia dal concetto “puro” di biomassa (ad esempio, materia legnosa) a quello di biocombustibile (ad esempio, pellet) è quasi sempre necessario un processo di trasformazione che possa favorire il passaggio dal primo stato (biomassa) al secondo (biocombustibile). Il quale, ben inteso, sarà poi convertito in bioenergia da appositi impianti / processi (per il nostro esempio, quello che accade in una stufa a pellet).

Incentivi per la produzione di calore da biomasse

Non tutti sanno che gli impianti di produzione di calore da biomasse possono usufruire delle agevolazioni previste per il risparmio energetico, e che gli utenti delle reti di teleriscaldamento alimentate da biomasse possono usufruire di uno specifico credito di imposta. In tale ambito, giova rammentare come due siano le strade principali. Il primo dei percorsi agevolati fa riferimento all’Ecobonus, una detrazione del 50% sulle spese totali che vengono sostenute tra il 1 gennaio 2018 e il 31 dicembre 2018, con un massimo di 30.000 euro per unità immobiliare. Il beneficio fa riferimento a spese di installazione di nuovi impianti da biomassa (come le stufe a pellet), eventualmente anche in sostituzione di un vecchio impianto. Il secondo percorso è invece legato al Conto Termico 2.0, che permette di poter ottenere un indennizzo in grado di toccare fino al 65% delle spese sostenute per realizzare l’intervento, con meccanismo di calcolo dipendente dalla potenza nominale dell’impianto, dalle emissioni delle polveri dello stesso e, infine, della zona climatica di realizzazione dell’impianto da biomasse. Intuibilmente, la scelta tra la prima o la seconda forma di agevolazione dipenderà dalla natura dell’intervento posto in essere: le due forme di incentivo sono infatti notevolmente diverse sia per dimensioni che per complessità di richiesta, che per modalità di erogazione (detrazione fiscale Irpef in un caso, erogazione di un contributo nell’altro). Alla luce di quanto sopra, vi invitiamo a consultare un esperto installatore per poter valutare il da farsi con maggiore consapevolezza.

Biomasse come fonti rinnovabili: i pro e i contro

Ma le biomasse possono realmente essere considerate delle fonti rinnovabili? Come abbiamo avuto modo di vedere qualche paragrafo fa, è possibile affermare che le biomasse siano una fonte rinnovabile se quanto viene da loro “sottratto” all’ambiente (naturale o agricolo che sia) corrisponde almeno a quanto verrà nuovamente prodotto. Un simile approccio dovrebbe aprire le porte per una valutazione di impatto ambientale piuttosto ampia. Non solamente si dovrà infatti tenere in considerazione il fatto che quanto è stato tolto all’ambiente in termini – ad esempio – di legname, dovrà essere riprodotto dall’ambiente in termini di nuove riforestazioni, bensì anche che quanto viene prodotto in termini di CO2, sia assorbito e inglobato da parte delle piante, grazie alla fotosintesi. Una tale semplificazione rischia però di escludere altre valutazioni. Si pensi al fatto, per esempio, che le coltivazioni e le riforestazioni richieste per poter abbattere l’impatto ambientale sfruttano spesso dei fertilizzanti di natura chimica e fitofarmaci, macchine agricole, impianti per l’irrigazione, sistemi ditrasporto dei prodotti, e così via. Dunque, vengono utilizzati impianti che favoriscono la produzione diCO2, rendendo il bilancio di cui sopra un po’ meno in equilibrio. E, pertanto, ecco una ulteriore “visione” dell’equilibrio di sistema, per il quale sarebbe più lecito affermare che un valore positivo tra l’output e l’input si ha se l’energia che viene immagazzinata e liberata, è maggiore di quella che proviene da fonti non rinnovabili usate nel processo produttivo. Intuibilmente, ne deriva in conclusione che valutare se effettivamente le biomasse siano delle fonti “totalmente” rinnovabili è questione molto ardua. Rimane inteso, tuttavia, che la loro “impronta” ambientale è sicuramente meno profonda ed estesa di quella che può essere invece prodotta da altre fonti non rinnovabili e maggiormente inquinanti. Ed è anche per questo motivo che – come più volte abbiamo visto sul nostro portale – le biomasse e le altre fonti rinnovabili sono cicliche protagoniste di piani di incentivo e di agevolazione energetica.